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Come in un film di Sorrentino

8:35, sulla scala mobile col carrello, sola con la musichetta del supermercato. Orrenda. Mi sembra di essere in quel film di Sorrentino, quello con Sean Penn che sembra Robert Smith.

Pensa chi ci lavora e la deve sentire tutto il santo giorno. Ma mentre osservo con ammirazione una vecchia accanto a me che schiaccia le bozze pratesi una ad una per verificarne il grado di cottura, penso che nella vita le cose cambiano e posizioni che un tempo mi risultavano prive di fascino adesso sono diventate invidiabili. La cosa peggiore è che so già che questo pensiero mi accompagnerà per almeno 20 minuti.

Ovviamente uscendo di così buon mattino non ho curato molto il mio aspetto, convinta che non avrei incontrato nessuno. Nel senso, nessuno con meno di 87 anni. I miei capelli, ecco, più che altro. Sono loro quella parte di me che rimane indomabile. Indomabilmente sempre casuali e inopportuni.

Insomma è proprio vero che la vita è piena di sorprese infatti davanti al banco latticini, senza la benché minima avvisaglia, si materializza l'orrore. Con la coda dell'occhio, quasi di sottecchi, incrocio il suo sguardo. Ma dico io, che ne è del mio sesto senso? Della mia buona stella? Mi fingo interessata agli ingredienti delle uova di quaglia ma, è inutile: è proprio lui. M.A. adesso è vicedirettore del quotidiano dove vorrei tanto tanto tanto lavorare. Anni fa, una vita fa, ero nella sua segreteria, ci conosciamo benissimo. Io le uova, lui lo yogurt. Proprio ieri gli ho inviato un curriculum, di quelli con la foto. Fotoscioppatissima con abbronzatura e messa in piega (che 8 minuti dopo la foto è esplosa). Ovviamente mi defilo e gli unici pensieri che mi balenano in testa sono le mie borse sotto gli occhi, le labbra screpolate, le zampe di gallina e poi, per carità, i miei capelli. Svolto rapida in direzione acque minerali, nella speranza della curva stretta del cibo per animali ma, sarà la mia immaginazione, sento la sua voce che chiama il mio nome. Non ci credo, dev'essere un sogno, un incubo peggio della musichetta di prima. Allungo il passo, mollo il carrello, tanto è vuoto e al diavolo l'euro. Mi butto giù per la scala mobile e spero di sbagliarmi ma sento ancora la sua voce che chiama il mio nome, non è possibile dai. Ma come ha fatto a riconoscermi struccata, senza tacchi e con questi capelli, dico io? Comunque, non si sa come, sono in macchina ma c'è anche lui e la sua smart era precisa dietro al mio suv, come si fa? Parto, me ne vado. Lui è più o meno dietro, non demorde, mi vuole proprio salutare e suona un colpetto di clacson, non ci posso credere. Mi fingo al telefono, scontrino, sbarra, strisce pedonali, non guardo nemmeno chi arriva, semaforo verde, l'ho seminato e ho seminato anche una piccola parte di me, quella con i capelli a posto. A volte il destino è cinico e baro, davvero: non ci siamo incontrati per 12 anni.

Torno a casa un po' affranta (e anche un po' sfranta) e compilo online, con poche speranze a dire il vero, il curriculum per lavorare alla coop. Che poi, si sa, la coop sei tu.

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